giovedì 5 luglio 2012

MILLE. MILLE GRAZIE. ADDIO. ARRIVEDERCI.

Mille. Mille giorni oggi. Mille giorni di Blog.
Mille giorni di pensieri, di idee imput sogni rabbia gioia, di riflessioni sensazioni sentimenti, di imput, di parole dette e non dette, di voi, da voi, di me, da me.

Mille grazie. Al blog. A me. A voi. Alla parola scritta, alla musica, alla condivisione di tutte queste cose, un pò personali e un pò no.
Mille grazie. Grazie mille.

Ogni progetto, ogni tentativo, ogni strada, ogni rotta, ha una meta, o una fine. Se non la decidiamo noi, quella fine, arriva da sè. Scendo da questa nave prima che affondi da sè. Scelgo una fine.
Addio.

Scendo da questa nave ma non l'affondo, la lascerò marcire forse, sogno che tutto questo diventi relitto, in fondo al mar dei nostri pensieri. Scendo da questa nave a cui dico addio, ma porto con me un bagaglio pieno di cose che forse mi aiuteranno per altri progetti, altre idee.
Arrivederci.

"..si muore un pò per poter vivere.."

 Ciao, nonpossoriposare, l'ultima è tutta per te.

giovedì 21 giugno 2012

JOUER

".."Lavoro, sogni, inganni, amore per una donna, progetti, delusioni, schèi, casa-bottega, case-capanon, Monti, italietta, parole, cuore, cervello, analcolico, azioni, famiglia, nonni, papà, vecchiezza." Una breve storia che contenga queste parole. Fame feìce. Seba.. "

Farti felice con riflessioni che contegano un senso, un perchè, una spiegazione, una soluzione ?
Farvi felici con un'altra storia, un altro sogno, un altro pezzo di me ? 
Fare felicità con le parole ?

No cazzo. Ora basta. Ceste.
Ora s'inizia a cambiare, a chiudere, a interrompere, a riposare, a gioire, a giocare.
Felicità ? Stupore ? Stupidità ? Leggerezza ?
Nulla di tutto ciò.
Solo GIOCO, come lo è stato questo Blog, e queste richieste finali.
GIOCO, gioco di parole, di sentimenti a volte, gioco mio, gioco vostro.
Giocare.
Jouer !
  
One, two, three, four, five, six, seven, eight, Amore !
Ingannare, lavorare, donna, nonni, parlare, progettare, sognare, famiglia, monti, italietta, analcolico, bottega, rincasare, case, case, capanon !
Ok papà adesso cerchiamo di farlo meglio! Ricordati che si parte sempre da Ingannare. Fai attenzione alla differenza tra cervello e cuore e nel finale due volte case. Fallo bene! "Gioca Jouer" Ingannare, lavorare, donna, nonni, parlare, progettare, sognare, famiglia, monti, italietta, analcolico, bottega, rincasare, case, case, capanon !
One, two, three, four, five, six, seven, eight!, Amore ! Ok papà, ora più veloce, perchè le delusioni cambiano ogni due battute, se riesci a farlo, d'ora in poi potrai farlo anche solo con gli schei, perchè sarai un vero campione di "Gioca Jouer!"
Ingannare, lavorare, donna, nonni, parlare, progettare, sognare, famiglia, monti, italietta, analcolico, bottega, rincasare, case, case, capanon !



Perchè continuare, fino a vecchiezza, fino a stare male ?

giovedì 14 giugno 2012

INTERROMPERE

"..chissà che non possa essere uno spunto per il "gioco" lanciato sul tuo blog.
'Cupo e insistente, Lucio si grattava il braccio che non aveva piú, muovendo le dita nel vuoto. Come spiegava sempre, quando lo aveva perso, a nove anni, sul braccio c'era un morso di ragno che lui non aveva finito di grattare. Ecco perché quel morso gli prudeva ancora, sessantanove anni dopo: perché non aveva potuto grattarlo completamente, occuparsene sul serio, chiudere la faccenda. Spiegazione neurologica fornita da sua madre, che alla fine per Lucio era diventata una filosofia generale, buona per qualsiasi situazione e per qualsiasi sentimento. Bisogna finire, oppure non cominciare nemmeno.[...] Quando un evento della vita lo coinvolgeva intensamente, Lucio si grattava il morso interrotto.' 

Un luogo incerto - Fred Vargas"


Lucio bevve d'un sorso il suo digestivo preferito, mirto e fil'e ferru metà metà, come i vecchi contadini di Ogliastra. Poi mise una camicia nuova, talmente bianca che a guardarlo ti si cavavano gli occhi. Scese le scale, due gradini alla volta, come faceva sempre quando doveva raggiungere la sua classe di bambini, giù alla spiaggia. Si voltò un attimo, prima di montare in sella, e notò che su al terrazzo del suo palazzo tutto era in ordine e nulla fuor di posto, i fiori perfetti, a cui la vecchia signora vicina di casa avrebbe saputo badarvi.

Quando Lucio aprì bocca, fù per uno sbadiglio enorme, della grandezza del mare, con cui dette un primo saluto all'imbrunire, e ai suoi figliuoli. Gli stava salendo uno di quei sonni che toglie energia ai muscoli delle gambe, che abbassa la saracinesca della vista, che zittisce corde vocali e riporta in superficie, seppur per un attimo, il ricordo di quel morso interiore.
I bambini attorno erano tanti. Seduti in cerchio, rigorosi ed educati, inneggiavano ad una nuova fiaba. La brezza quella sera si faceva fresca, e veloce accompagnava  pensieri, e il maestrale scendeva da Sferracavallo, e sarebe durato tre giorni almeno. L'immensa macchia mediterranea camaleonteggiava il paese alle spalle della spiaggia, e i suoi verdi assumevano continuamente intensità differenti. Il mare non era più blu, lentamente diveniva per toni di grigio, lentamente preparava alla notte. Le onde cantavano un infinito silenzio.
"Zio, raccontaci di uno dei tuoi viaggi !"
La voce di Valerio ruppe quell'istante, che sarebbe potuto durare giorni, anni. Che sarebbe potuto divenire morso.
"Ma, Valerio, non sono viaggi, sono fiabe, sono sogni."
"Zio, ogni sogno è un viaggio."

Lucio provò d'un tratto una sensazione come quando ti si ferma il cuore davanti lo sguardo di una donna scoosciuta, come quando ti si arrestano i pensieri sul ciglio d'un precipizio. Una grossa lacrima iniziò a scivolargli lungo il viso. Durò il tempo di un vagito e fù subito asciugata. Il maestrale era arrivato.

La saggezza innocente del piccolo Valerio sconcertò l'anima del vecchio Lucio, che a dispetto dell'età sapeva ancora stupirsi delle piccole cose che l'essere umano sapeva donare. Poi, d'improvviso, dal suo zaino estrasse un minuto Baglamas. Suonò una breve melodia greca. Come per magia il vento si fermò, e tacque. I bambini crollarono in un sonno profondo. E Lucio chiuse gli occhi, e s'addormentò, abbandonandosi alla notte.


(liberamente tratto dal racconto 'Vento Verde Maestrale' - agosto 2010)



martedì 29 maggio 2012

IL GIGANTE E IL MAGO \ R3

"..io richiederei, se fosse possibile, un racconto vero ed uno inventato. scopo del gioco per il lettore è capire quale dei due è veramente falso.."

IL GIGANTE
Il signor Karlsten abita in un grazioso quartiere di un grazioso paese di un grazioso stato di una graziosa terra del nord Europa. Attorno a lui tutto è grazioso. L'abat-jour alla finestra della cucina del piano terra, che si affaccia al cortile pubblico e non si nasconde dietro egoistiche tende, è grazioso. La bicicletta nera con sella e manubri rivestiti in cuoio, parcheggiata fuori la porta, e assicurata da un semplice lock, è graziosa. La strana colonna color verde bottiglia che si erge per un metro appena sopra la piazzetta comune alle residenze, e che racogglie pneumaticamente la spazzatura riciclabile, è graziosa. Sua moglie, è graziosa, con quei lunghi capelli biondi gli occhi verde smeraldo la camicetta a righe verticali sottili sottili e un sedere talmente grande che a fatica passa la soglia di casa. Il signor Karlsten abita una vita graziosa, perfetta quasi, invidiabile, ecologica, sostenibile, eonomicamente equlibrata, eppure, non riesce più ad uscire di casa. E' diventanto gigante. Gigante. Sorpassa con tranquillità i due metri, il suo peso non ci è concesso di conoscere, ha braccia gonfie piene di muscoli con i quali in gioventù pescava aringhe con l'equipaggio della 'LilleP', i polpacci sembrano grossi salami di renna. Il signor Karlsten è consapevole della sua condizione particolare ma sfortunata, non si piange addosso, e sebbene sia chiaro a noi tutti che morirà senza più conoscere alcun centimetro del mondo, è felice perchè ha trovato la sua nuova strada, il suo progetto da donare all'umantità intera. Il signor Karlsten scriverà fiabe per giganti. Fiabe, per giganti.

IL MAGO
Sono le 4.40, la sveglia sul comodino suona ripetutamente da una decina di minuti. Non è possibile neanche posporla, è una sveglia di una camera d'albergo. Sul letto poco distante, immersa nel bianco candido e profumato delle lenzuola, una donna. Al suo fianco, un cuscino, vuoto. Al suo fianco, un posto, vuoto. Non si capisce ancora se il posto è vuoto perchè nella sua vita non c'è anima gemella o compagno d'avventure che sia, oppure se è vuoto perchè l'albergo ha scelto letti matrimoniali anche per le stanze twin. Non ci è concesso saperlo, ma, a veder bene quell'intorcigliamento di seta e piuma, a capire quella posizione di gambe che allungandosi sulla diagonale cercano.. cercano, a veder bene insomma mica ci si capisce nulla. E intanto, la sveglia suona. E la terra trema. E il mondo si desta, si alza, in pigiama, scende le scale si rifugia sotto una trave presunta, esce al parcheggio con i piedi scalzi che baciano un fresco asfalto appena colorato, urla disperazione, chiama i figli al cellulare, vede la terra aprirsi ai suoi piedi, le statue cadere, il lavoro finire e seppellire; il mondo dimentica l'amore per aprire le porte alla paura. E lei, con un'aquilone tatuato sul fianco, si rigira tranquilla e pacifica su se stessa, e dorme, beatamente. Ma tutt'un tratto qualcosa di improvviso le toglie il sonno ed i sogni. Apre gli occhi d'impulso, un battito troppo forte le squarcia il petto, si guarda attorno, capisce, suda, in silenzio, si mette seduta. E volta piano, lo sguardo, di lato. E' li, anche se nessuno l'ha visto, con un papillon rosso al collo, gli occhi chiusi, una buffa camicia d'argento e un profumo di sambuco che inebria lo spirito, lì c'è il Mago. Il Mago è al suo fianco, e può tremare la terra, suonare la sveglia,può esser presto o può esser tardi, può tutto, ma il Mago c'è. E dorme beato, al suo fianco.

Dedicato a tutti quelli che, oggi, ma anche ieri e domani, si senton perduti, e han bisogno di fiabe, amore e magia. Per continuare, per ripartire. Ta daaaaa !!!

Rip.
Sentite, facciamo un gioco, da oggi al giorno prima dell'epilogo.
Passiamo alle domande finali, alle richieste, come a fine lezione, un momento di partecipazione.
Chiedetemi qualcosa. Un pensiero, una storia, una canzone, un argomento, un punto di vista.
Mi piacerebbe parlare di qualcosa che stia a cuore a voi, prima di salutarvi.
Ci conto.

VISTA-TATTO-UDITO-OLFATTO-GUSTO un anno dopo \ R2

"...post morte e post resurrezione, e post altre richieste più importanti, un vista-tatto-udito-olfatto "un anno dopo", magari a conclusione di tutto!..."

Non chiudo, ma ri-apro, dopo un mese di silenzio, dovuto all'Europa, ai miei impegni, a me e a lei. Imput stimolante e leggero.


VISTA
Biciclette, ovunque, biciclette. Ingorghi a semafori negli orari di punta, di biciclette. Parcheggi a due piani, di biciclette. Biciclette a 3 ruote, biciclette con portabimbi, portapacchi, impianti stereo. Negozi di biciclette nuove od usate, ogni altro incrocio. Una società diversa, ho visto una società che crede in futuro diverso, possibile, attuabile, economico, salutare, ecologico, sociale. Di cui mi piacerebbe far parte, da qui. Ho visto, biciclette.
TATTO
Vento del nord che sferza e si incunea fra, le mie poche rughe. Vento forte che perdura, non conosce sosta o limite, come il nostro maestrale. Vento di nord che tocca, tatta, guance mani labbra, sopracciglia. Vento che secca, crepa, spazza, soffia. Ho toccato, anzi, sono stato toccato, seccato, da Vento.

UDITO
Si muovono da sole, le mie spalle, a mossette. Boney M sa muovermi, passa dalle mie orecchie e scuote dentro. Prima il sistema uditivo, poi l'intestino, i ricordi, i muscoli. Ho udito, godendo e gioendo, Rasputin. Salto, ascolto, sorrido, tendo l'orecchio.

OLFATTO
La mia casa pulita, pulita da mia madre. Il profumo, forse odore, sicuramente estraneo al nostro olfatto, di un dopo. Passa una mano di madre, e toglie. Pulisce forse, forse rovina. Destabilizza l'olfatto. Albergo, ho sentito profumo, puzza, d'albergo.

GUSTO
Semplicità, intensità. Pane al nero di seppia, fatto in casa con mani e polpastrelli, senza forze meccaniche o elettriche. Sugo al pomodoro appena stufato, materia prima dell'orto, olio buono, spezie selezionate. Desiderio d'estate. Ho gustato un desiderio.
 
Rip.
Sentite, facciamo un gioco, da oggi al giorno prima dell'epilogo.
Passiamo alle domande finali, alle richieste, come a fine lezione, un momento di partecipazione.
Chiedetemi qualcosa. Un pensiero, una storia, una canzone, un argomento, un punto di vista.
Mi piacerebbe parlare di qualcosa che stia a cuore a voi, prima di salutarvi.
Ci conto.

giovedì 26 aprile 2012

IMMAGINO UNA GIOIA / R1

"... chiudi gli occhi ed immagina una gioia, nicola. ecco la mia richiesta! "
Prima richiesta del "gioco" che ho lanciato. 
Ci provo, giocare, e donare, mi diverte. Adesso, immagino una gioia.


Giro velocemente la testa, la fronte sembra rimanere immobile, ma gli occhi volano. Un bambino corre goffo verso il mare, la spiaggia non è profonda, in lontanza vedo una canna da pesca infilata nella sabbia, sola. E' mio figlio, così mi pare di ricordare, ho un brevissimo e inatteso vuoto di memoria. Il sole non bolle, ma la mia pelle è scura, forse siamo già in estate, o meglio in primavera inoltrata. Nel loro correre, anzi, rincorrere, gli occhi trovano nell'ordine: una pagina di libro sfocata, un caldo colore naturale, un infisso di legno grezzo, un 'muro' di macchia mediterranea, la sabbia, mio figlio che corre, la schiuma del mare, il mare. Nel loro tornare, i miei occhi trovano: mio figlio che nuota, il mare, la schiuma del mare, la sabbia, un infisso di legno grezzo, una forma di vetro che pare un bicchiere, una sedia vuota. Provo a ricordare, il tempo sembra passare lento, ma forse no, non capisco. Mi scappa un sorriso, sento di avere una ragione ma i ricordi per un attimo sono svaniti. Quella sedia, scostata, come si fosse appena alzato qualcuno. C'è un altra persona nella mia vita ? Un genitore, un nonno, un amico, una metà ? Rido ancora, il libro che ho posato sul tavolo è di John Steinbeck, "In viaggio con Charlie", ed è macchiato di vino rosso. Ma non era estate ?  Di solito con il caldo bevo un bicchiere di bianco, o di succo di albicocca. La mia pelle è giovane, per dio, non raggiungo i trentacinque. Non ricordo, cazzo, non ricordo. Ah ah ah, incredibile, anzi, credibile. Mi guardo il seno, sotto la maglietta leggera. Nicola. Nicola, ecco ! Nicola, dov'è ?




Rip.
Sentite, facciamo un gioco, da oggi al giorno prima dell'epilogo.
Passiamo alle domande finali, alle richieste, come a fine lezione, un momento di partecipazione.
Chiedetemi qualcosa. Un pensiero, una storia, una canzone, un argomento, un punto di vista.
Mi piacerebbe parlare di qualcosa che stia a cuore a voi, prima di salutarvi.
Ci conto.


giovedì 19 aprile 2012

RIPOSARE

Le parole sono importanti.
Dentro a 'riposare' c'è una forza, il 'ri(re)', e c'è un verbo, posare. Riposare è il rafforzativo di Posare, poggiare. Riposare significa poggiare su qualcosa, scaricare, stare in quiete grazie al supporto di un terzo elemento, non detto, non visto, non contenuto nella parola.
Adoro la parola riposare e le attribuisco un valore immenso. E non ne voglio abusare, ne verbalmente ne realmente. Nonpossoriposare deriva anche e sopratutto da riposare.
Le parole sono importanti.
Riposare non è un'azione solitaria, per riposare bisogna almeno essere in due. Tu che vuoi 'posare' e lui o lei su cui poserai. Tu e il grembo materno, primo poggio di tutti. Tu e la terra, dove i tuoi piccoli piedi hanno provato il primo grande piacere fisico, l'equlibrio, la cui ricerca condizionerà tutto il resto dei tuoi giorni. Tu e un letto, e poi il sonno. Tu e l'acqua. Tu e la sabbia. Tu e un divano in una casa polverosa e piena d'amici di università. Tu e i seni di lei. Tu e il petto di lui. Tu e il sedile della tua auto in viaggio nel mezzo di una terra del sud, o tra vette dolomitiche, alle prime ore del mattino.
Io e il vento, che bacerà le mie ceneri, quando rimarremo soli, io e lui.
Posare, poggiare, è azione di coppia, tacita, silenziosa, lenta, rigenerante, poetica. Come le labbra di Sonny Boy, che poggiava sulla sua armonica tutta la grazia immaginabile.
La poesia di una parola può essere infinita. Peccato sarebbe sprecarla, dura troppo poco questa vita per permettersi di sprecare.
Voglio riposare, in tutti i significati possibili, o forse nell'unico importante. Mi accontento di qualche mese, non meno, magari di più, ma sarebbe già molto. Dovrò aspettare, luglio, forse ottobre, forse le prossime foglie gialle o chissà, quando.




Sentite, facciamo un gioco, da oggi al giorno prima dell'epilogo.
Passiamo alle domande finali, alle richieste, come a fine lezione, un momento di partecipazione.
Chiedetemi qualcosa. Un pensiero, una storia, una canzone, un argomento, un punto di vista.
Mi piacerebbe parlare di qualcosa che stia a cuore a voi, prima di salutarvi.
Ci conto.

domenica 8 aprile 2012

GIOIA GIOIA GIOIA !

"La resurrezione di cristo ci insegna che non bisogna essere schiacciati dalla paura della morte, ci dona la speranza. Oggi è un giorno di non paura, oggi è un giorno di speranza, oggi è un giorno di vita, di gioia."
Grazie al sacerdote sardo che stamattina in una piccola chiesa dell'ogliastra baciata dal maestrale, ha trasmesso il miglior augurio pasquale possibile, per credenti e non. Gioia ! Gioia ! Gioia !




martedì 3 aprile 2012

UNA FINE

"Nulla si crea, nulla di distrugge, tutto si trasforma."



Questo blog compirà 1000 giorni mille il prossimo 5 luglio, e in quella data cesserà di avere vita.
Non si cancellerà, a meno che il web non lo decida, ma non scriverò più, almeno non qui.
Ho deciso una fine, con molta semplicità, una data rotonda.
Ci sono troppe cose che voglio scrivere e raccontare, ogni giorno, ogni giorno desidero dare una forma,  costruire un luogo ai miei pensieri. Ma più desidero e meno scrivo. Più imput arrivano e meno la mia mano schiaccia questi quadratini grigi con lettere dipinte. Sto implodendo.  Ho deciso una fine.
Servono nuovi progetti, nuovi mezzi, nuove idee, nuove scommesse.
Curiosavo tra le stastiche del blog, da quell'ormai lontano 9 ottobre più di venti visite al giorno, un onore, ma la forma del diagramma di visualizzazione è simile ad una montagna con un piccolo altopiano al posto della cima. Un anno fa eravamo sulla vetta, ora camminiamo alla base, le ultime colline e poi la pianura. E' stata la rivelazione. La decisione. Appena si arriva in pianura si chiude, e manca poco. Ci sono fin troppe pianure nella mia vita, altre non le accetterei.
Vorrei ancora gioire con voi per un piatto di pesce mangiato al sole della mia finestra nel primo weekend di primavera, condividere la sensazione di vuoto che ho provato alla fine di 1Q84, mostrarvi un'istantanea di tutti i viaggi che mi aspettano fortunatamente fino a settembre, raccontarvi delle grandi cuffie che portava ieri sera quel ragazzo giapponese seduto fronte a me in treno.
Manca poco, ma qualcosa spero di potervi ancora regalare. Purtroppo nei miei mari soffia tantissimo vento, ma non riesco a decidere una rotta, una ne servirebbe, e allora quei venti sarebbero favorevoli. Per ora, sono in loro balia, movimento tanto, destinazioni nessuna.
Oggi mi sono autoimposto una fine. Entro quella data, vorrei trovare una meta, senza troppe pretese, ma una meta mi serve, e quindi una rotta. Poi, vi comunicherò qualche dettaglio.
Intanto grazie a tutti e a tutto.

"...Ma era troppo stanca. E poi non aveva l'abbigliamento adatto a sedurre un uomo. Era senza trucco, portava sneakers e il borsone da ginnastica. ' Tornerò a casa, stapperò una bottiglia di vino rosso, mi masturberò e poi andrò a dormire, -pensò.- E' la cosa migliore. Ed eviterò di pensare alla luna.' ..."
H.M.





mercoledì 21 marzo 2012

SBOCCIARE

Saranno le prime due sere primaverili, saranno le ultime more sottospirito fatte in casa, sarà questa melodica radio inglese, sarà la prima chiaccherata serale seduto in terrazzo, sarà, ma queste sere ho voglia di scrivere. BumBum, 20 e 21, consecutivi, come i due goals di Cavani all'Udinese di domenica, BumBum, uno dopo l'altro, e poi chissà. Finirà in pareggio anche questa. Sboccerà ? Mah.
L'albicocco che io e nonno abbiamo potato dieci giorni fa è sbocciato. Ed è bellissimo.
Mi interrogo su questo processo, secondo me ha dell'incredibile. Quindici giorni fa, secchi, i rami. Mi veniva quasi voglia di tagliarli. Poi, d'un tratto, gemme, fiore, foglia. Colori che esplodono, velocemente. La velocità dello sbocciare, dura poco. Peccato.
Chi resiste alla fatica dell'inverno, al primo sole, sboccia, fiorisce, rinasce, esplode la sua energia. La potenza è contenuta nel gesto, e nel distacco fra, il prima e il dopo. Differenza.
Un fiore, una pianta, sboccia perchè quindici giorni prima stava a -4° e oggi a +21°. Uno svedese a maggio gira in bicicletta in maniche corte perchè poco tempo prima passegiava nel ghiaccio a bordo Malaren. Giulia sorride al sole perchè per 5 mesi ha sognato terra, mangiato terra, toccato terra, respirato terra. Noi non sbocciamo perchè abbiamo abitato appartamenti a 23° portando maglioni di lana, abbiamo bevuto grappe di casa, ci siamo lavati con soffioni d'acqua bollente e i nostri piedi si sono nascosti entro timberland progettate per l'antartico. Differenze.
Sbocciare è un percorso naturale di crescita ed evoluzione. Noi ci stiamo allontando troppo da ciò che è naturale ed insito in noi. Finiremo secchi anche a primavera, derisi dal prugno, coglionati da una scena di un film nordico, superati da una tartaruga, raccontati da un programma automatico sul web.
Sbocceremo ? o Sboccheremo ?


martedì 20 marzo 2012

PENSANDO SOTT'ACQUA


http://grooveshark.com/s/Let+Words+Help+Pictures/269n1q?src=5

Confusion. 'Casin', in dialetto.
La bottiglia al suo fianco ha vita breve, non conoscerà la luce di un nuovo giorno. La radio che ascolta senza concentrazione lo porta lontano. Non ci sono parole, almeno lì, solo note. Le dita sporche ancora di terra. Non gli è bastato lavarsi con il bruschetto dopo quella maglietta sudata a smuovere, vangare, concimare. Ha cenato con un risotto semplice, cucinato dal suo fidato compagno.
Mezza cipolla mezza patata un quarto d'aglio un pizzico di rosmarino essicato e sbriciolato olio buono, umbro di montefalco, di broccolo fiolaro un cuore appena riso varetà carnaroli brodo fatto col proprio dado un pizzico di pepe e mantecatura al parmigiano. La fasi di cottura e preparazione non me le ha volute raccontare.
Rigore e lentezza, a combattere il 'casin'. Come quando pensa sott'acqua, nuotando. Esercizio iterato. Sfogo dei nervi. Massaggio fisico-morale e liberazione totale della creatività. Nuotare, sott'acqua, lo fa Pensare.
E' alle porte la sua prima primavera da trentenne. A trentanni, mi dice, non è un cazzo facile. Almeno qui, tra l'aperto della pianura più inquinata d'europa e il chiuso di uffici e fabbriche che a malapena riescono a farci soppravvivere. Costruire, quella è un altra storia. Abita altri luoghi, altre persone, altre età, altre speranze. 'Casin'.
Mi parla lentamente stasera. Racconta del libro incredibile che sta leggendo, del libro che vorrebbe scrivere e della complessità dello sbrigare prima l'intreccio della matassa. Racconta dei suoi troppi desideri. Vacanze di mare e spirito. Progetti di lavoro e gioia. Ricorda gli ultimi attimi prima che Toby lasciasse questa vita terrena, il suo ultimo ansimo vissuto e respirato naso a naso. Non un cane ma un fratello per 14 anni. Mi racconta di un paradiso fatto di pane ossi e sassi. Gli scende una lacrima. E' allergia, mi dice. Percepisco per la prima volta la sua energia immensa non ancora sprigionata. L'energia è liquida. E' lacrima, acqua, vino, sudore.
'Casin', continua a ripetere. Vuole tornare a nuotare, a pensare sott'acqua. Mi elenca una serie di titoli, gli piace dare un nome anche ai progetti non iniziati e non sviluppati. Confusione. Incipit. Re-posa. Unghie sporche. Masturbazione e vino. Braci. Cucinando. Polveri sottili. Altrove. Lo fermo. Non capisco, neppure io, che pure gli sono affianco.
Il tempo è poco, e lo sfruttiamo, spesso, male. Il mio tempo con lui non durerà in eterno. Forse fra pochi istanti deciderà davvero di tornare a nuotare. Vorrei fargli troppe domande, capire troppe cose. Ho poco, pochissimo tempo. E forse lui contiene universi, e io non conosco le strade per arrivarci.
D'un tratto, si desta, si volta, assorto. 'Ti racconto una cosa', mi dice.
'C'è un treno. C'è un finestrino di un treno. C'è un paesaggio normale al di fuori, normale. C'è una ragazzina. Ci sono un paio di scarpe sportive basse, quasi senza suola, ai piedi della ragazzina. C'è una grossa valigia, con una targhetta che porta il suo nome. C'è un apparecchio per riprodurre la musica e delle cuffie. C'è un fazzoletto sporco, a terra, sotto il sedile. C'è una sciarpa di lana grossa. Ci sono 18 gradi, al di fuori. Dentro, appena 8. Ci sono immagini, ovunque, Non ci sono parole. Sono belle le nuvole, che escono dalla sua bocca."
Confusion. Vado a nuotare. Sott'acqua, penso.